Mancato mantenimento dei figli: non è reato se il genitore è indigente

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L’omesso versamento dell’assegno di mantenimento al figlio non configura reato, se il genitore inadempiente si trova in condizioni di oggettiva indigenza: è quanto ha affermato la Corte di Cassazione con la recente pronuncia 2702/2025, rispondendo così a un quesito da tempo molto dibattuto all’interno della giurisprudenza.

Una sentenza già da molti giudicata storica, in merito al reato di violazione degli obblighi di assistenza familiare, disciplinato dall’articolo 570-bis del Codice Penale: il genitore che si trovi in una condizione di impossibilità oggettiva e incolpevole, non può essere ritenuto penalmente responsabile.

Mantenimento e indigenza: i fatti
La Corte di Cassazione si è trovata a esaminare il caso di una madre disoccupata, condannata sia in primo che in secondo grado per violazione degli obblighi di assistenza familiare, secondo l’articolo 570-bis del Codice Penale.

Pur trovandosi in condizioni economiche particolarmente gravi, la donna avrebbe dovuto versare 150 euro mensili per l’assistenza al figlio maggiorenne, non studente, abile al lavoro e convivente con il padre. Non potendo provvedere al pagamento della somma, se non compromettendo gravemente la propria stessa capacità di sostentamento, la madre veniva sostenuta dalla nonna materna, che contribuiva di sua iniziativa con 100 euro mensili per il nipote.

Nel valutare il ricorso, la Corte di Cassazione ha deciso di annullare la condanna e di rinviare il caso alla Corte d’Appello, sottolineando che il genitore che si trova in una condizione di indigenza tale da impedire il versamento dell’assegno, senza che ciò derivi da una sua colpa o una precisa volontà di non provvedere ai figli, non può essere penalmente sanzionato.

Gli elementi della valutazione della Cassazione
Introdotto nel 2018, l’articolo 570-bis del Codice Penale punisce il coniuge o il genitore che, consapevolmente, si sottrae all’obbligo di mantenimento stabilito dal Giudice in caso di separazione, divorzio o affidamento condiviso dei figli. Come facile intuire, la norma tutela i bisogni economici dei familiari più deboli, garantendo che il genitore obbligato provveda alle loro necessità.

La norma ha comprensibilmente generato accesi dibattiti all’interno della giurisprudenza, soprattutto in relazione a casi di genitori in evidenti ed oggettive difficoltà economiche, non materialmente in grado di provvedere all’assegno. La Cassazione ha quindi ribadito che la responsabilità penale non è automatica, ma si configura solo in presenza di un inadempimento volontario e consapevole, ovvero in presenza di un dolo generico.

Ma come è giunta la Suprema Corte a una simile valutazione?

L’importanza del dolo
Il primo elemento preso in considerazione dalla Cassazione è il dolo: affinché il reato sussista, è necessario che il genitore si sottragga consapevolmente ai suoi obblighi: in altre parole, ci deve essere innanzitutto la volontà di non pagare il mantenimento.
In presenza di una condizione oggettiva di impossibilità economica, non dovuta a colpa dello stesso genitore – si pensi, ad esempio, ad una disoccupazione involontaria o a gravi difficoltà finanziarie – il dolo viene escluso. Semplificando, il familiare è consapevole della necessità di mantenimento e vuole provvedervi, ma si trova impossibilitato a farlo.

Impossibilia nemo tenetur
Ancora, la Cassazione ha richiamato il principio dell’impossibilia nemo tenetur, ovvero una locuzione latina che significa “nessuno è tenuto all’impossibile”. Se il genitore non può materialmente provvedere al pagamento, perché non dispone di fondi o di una stabilità economica sufficiente per farlo, non può essere incolpato.

Peraltro, la Suprema Corte ha sottolineato che è compito dei pubblici ministeri dimostrare l’effettiva sussistenza del dolo, mentre il genitore può limitarsi a provare la propria condizione di indigenza incolpevole.

Una valutazione caso per caso
Infine, è importante ribadire che il Supremo Collegio ha evidenziato la necessità di una valutazione caso per caso, per comprendere se il genitore sia effettivamente impossibilitato al pagamento o, ancora, vi sia il dolo. Questo anche quando il versamento dell’assegno permane in forma parziale, ovvero di entità minore rispetto a quanto stabilito in sede giudiziale.

I Giudici devono infatti verificare che sussista un corretto equilibrio tra i bisogni esistenziali del genitore e quelli dei figli, affinché non venga compromessa la capacità di sopravvivenza e di autosostentamento dello stesso familiare su cui grava l’obbligo di mantenimento.

In definitiva, la Sentenza 2702/2025 ha un’importante valenza sociale, perché tutela i genitori indigenti, evitando vi sia una criminalizzazione dello stato di povertà.

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