
Assenza ingiustificata dal lavoro e disoccupazione: si rischia l’esclusione dalla NASpI
L’assenza ingiustificata dal posto di lavoro può comportare l’esclusione dalla NASpI (prima chiamato assegno di disoccupazione), ovvero l’indennità mensile riconosciuta ai disoccupati. È uno degli effetti della recente approvazione della Legge 203/2024, che introduce una nuova fattispecie di risoluzione del rapporto di lavoro, oltre a quelle già previste dal D.Lgs. 151/2015. Ma quali sono le principali conseguenze e, soprattutto, cosa rischia chi non si presenta al lavoro, senza fornire una giustificata motivazione?
Assenza ingiustificata dal lavoro: una nuova disciplina
Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale della Legge 203/2024, è stato introdotto il nuovo comma 7-bis all’articolo 26 del D.Lgs. 151/2015, con l’obiettivo di riconoscere una nuova modalità di risoluzione del rapporto di lavoro.
In base a quanto previsto, il rapporto di lavoro si intenderà risolto per volontà del lavoratore, in caso si verifichi un’astensione ingiustificata protratta:
- oltre il termine previsto dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (C.C.N.L.) applicabile al rapporto;
- oltre i 15 giorni consecutivi, in assenza di una previsione contrattuale specifica.
In caso si verifichino le sopraelencate condizioni, non sarà necessario applicare le formalità previste per le dimissioni volontarie, come ad esempio il preavviso o la relativa procedura telematica. Il datore di lavoro sarà chiamato a comunicare la circostanza alla sede territoriale di competenza dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (I.N.L.), che ne esaminerà la veridicità.
Come già specificato, valgono i termini previsti dal C.C.N.L. di appartenenza o, in caso non vi siano precisi termini, i 15 giorni consecutivi. A titolo esemplificativo, è utile ricordare che:
- il CCNL Metalmeccanici e Industria prevede un limite di 4 giorni consecutivi;
- il CCNL Trasporto Aereo fissa questo termine a 3 giorni consecutivi.
A riguardo, però, si è pronunciato – con Circolare n. 6 del 27.03.2025 – il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, il quale ha chiarito che, in assenza di un termine ad hoc del C.C.N.L. di appartenenza, varrà il predetto termine di 15 giorni previsto dalla Legge.
La normativa di recente approvazione ha però previsto alcune clausole di salvaguardia, che permettono di evitare la risoluzione del rapporto, se il lavoratore si trova impossibilitato a comunicare i motivi della sua assenza per:
- causa di forza maggiore, come ad esempio una grave malattia o il ricovero ospedaliero;
- ragioni imputabili al datore di lavoro, come ad esempio la mancata ricezione della comunicazione per disguidi aziendali.
In ogni caso, l’onere della prova spetterà al lavoratore, il quale dovrà dimostrare l’impossibilità di comunicare i motivi della propria assenza. Ancora, in caso sia la stessa sede territoriale dell’INL ad accertare la non veridicità della comunicazione del datore di lavoro, verrà notificata l’inefficacia della risoluzione a entrambe le parti. Lo stesso datore dovrà perciò procedere alla ricostituzione del rapporto e a provvedere ai relativi adempimenti sul fronte contributivo.
Esclusione dalla NASpI
L’interruzione del rapporto, tuttavia, non è l’unica conseguenza di una prolungata assenza ingiustificata. Infatti, il lavoratore si vedrà precluso l’accesso alla NASpI, ovvero la Nuova Assicurazione Sociale per l’Impiego.
Come chiarito dalla Circolare INPS 94/2015, la NASpI è prevista unicamente quando la cessazione del rapporto lavorativo è involontaria, ovvero per decisione del datore di lavoro. Poiché la nuova fattispecie sull’inadempienza lavorativa configura una risoluzione per volontà del lavoratore, il diritto all’indennità di disoccupazione viene perduto. Si ricorda che, per i disoccupati che possono accedere alle tutele previste per legge, l’indennità è pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi quattro anni, per un massimo di 24 mesi.
In definitiva, non giustificare la propria astensione dal lavoro può ora comportare conseguenze decisamente gravi: il consiglio è quello di affidarsi al proprio avvocato di fiducia, per valutare tutte le soluzioni legali eventualmente disponibili.